Sahara egiziano: curiosità, oasi e luoghi da non perdere

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Con una superficie di 8 milioni di chilometri quadrati, il deserto del Sahara è il più vasto della Terra. Si estende tra il 16° di longitudine ovest e il 35° di longitudine est ed occupa il 27% del continente africano, attraversando Mauritania, Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Niger, Ciad, Egitto e Sudan, per una lunghezza di circa 4.000 km (con l’unica interruzione della Valle del Nilo) e una larghezza di 1.500-2.000 km dal Mediterraneo fino alle regioni centrali dell’Africa.

Nella parte del deserto che si estende in Egitto ci sono diverse oasi e località che meritano una visita. A cominciare da el-Alamein, sito della battaglia che durante la seconda guerra mondiale decise il controllo del canale di Suez da parte degli inglesi. Ad el-Alamein un museo ospita i mezzi militari, le divise e le armi impiegate nella seconda guerra mondiale, mentre un commovente sacrario contiene le tombe dei soldati italiani.

Nel Sahara mancano totalmente corsi d’acqua e quindi, Nilo a parte, l’idrografia è limitata a una rete di valli disseccate e fiumi fossili (uidian), nei quali scorre acqua solo in caso di piogge eccezionalmente abbondanti. Ricchissima è invece la circolazione sotterranea, grazie alle falde che danno origine alla grande maggioranza delle oasi, in cui crescono palme da dattero, agrumi, orzo, frutta, erbe aromatiche.

L’oasi di Siwa, ai margini del deserto più aspro, è la più inaccessibile dell’Egitto. Disseminati tra 300 mila palme, i resti di alcuni monumenti di età romana rivelano l’importanza di quest’oasi nell’antichità. Al Tempio di Amon, che domina l’oasi dall’alto, gli antichi venivano ad onorare l’oracolo e si narra che qui Alessandro Magno ebbe la conferma della propria natura divina. Proprio al centro dell’oasi sorge l’antica fortezza di Shali, città-labirinto risalente al XIII secolo d.C.. Oggi l’oasi è famosa per i datteri e le olive, e per sorgenti naturali come Ain Sharouf, nascosta tra le dune di sabbia, o la Piscina di Cleopatra, dalla deliziosa acqua calda.

Oasi di Siwa

Oasi di Siwa

Quattrocento chilometri di fuoripista separano Siwa dall’oasi di Bahariya (il Sahara non ha ovunque il ben noto aspetto “a dune” : è talora hamada, roccia nuda, liscia, incisa e lavorata dai venti che forma acute e taglienti schegge; oppure serir, strato di ciottoli e ghiaia). Anticamente a Bahariya vi crescevano vitigni che davano un ottimo vino, apprezzato dai faraoni. A ridosso dell’oasi nel 1996 è stata scoperta la Valle delle Mummie, con le sue centinaia di tombe greco-romane. Meritano una visita le Tombe di Amenhotep Huy, di Bannentiu e di Zed Amun ef Ankh che conservano all’interno dipinti in ottimo stato, il Tempio di Alessandro Magno, le quattro cappelle in rovina di Ain el Muftella.

Conosciuta in epoca faraonica come la “terra delle mucche”, anche l’oasi di Farafra è piuttosto isolata. Ad una ventina di chilometri verso nord, la natura si è divertita a giocare con i colori di una tavolozza: picchi di gesso che somigliano a piccoli iceberg; rocce rosse che il vento ha levigato come grandi funghi; valli di sabbia rosa, chiuse tra montagne grigie e dune dorate; il tutto immerso in un paesaggio surreale che ricorda la luna. È il White Desert.

Aree coltivate, circondate da montagne spoglie e dune di sabbia, caratterizzano invece Dakhla che con i suoi 14 diversi insediamenti costituisce l’oasi più estesa del Sahara egiziano. Il capoluogo, Mut, è moderno e privo di interesse, ma nei dintorni non mancano importanti siti archeologici: a nord c’è il Qasr, un labirinto islamico-medievale di stradine dalle pareti in fango, a sud la città romano-copta di Asmant el-Khorab, abitata per sette secoli e in gran parte ancora insabbiata, conserva le mastaba di Balat, risalenti alla VI dinastia.

Oasi di Dakhla

Oasi di Dakhla

Situata all’altezza di Edfu, con i suoi 65 mila abitanti per la maggior parte provenienti dall’Alto Egitto, Kharga è invece l’oasi più popolata. Di interesse archeologico la necropoli di Bagawat, con 263 cappelle e cripte copte, alcune con affreschi ancora in buono stato; il Tempio di Hibis, una delle poche testimonianze del periodo persiano e risalente al VI secolo a.C., ben conservato con volte dipinte e bassorilievi; e a Baris, 90 km a sud dell’oasi, il tempio romano di Dush, dedicato al dio Serapi e alla dea Iside, circondato da una fortezza turca e da un’antica chiesa.

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