Si dice che il Goa non sia la vera India. E per molti aspetti è così. A differenza del resto del Paese, qui i colonizzatori sono stati i Portoghesi e l’indipendenza è arrivata solo nel 1961. Del passato coloniale rimangono l’architettura di alcune ville e soprattutto alcune chiese maestose. A differenza della “vera” India, qui il cattolicesimo è alquanto diffuso.
Siamo arrivati in un periodo ottimale per il turismo, a metà febbraio. Non pensate di venire a trascorrere le vacanze estive qui: da giugno a settembre soffiano i monsoni, in parole povere, piogge torrenziali e assoluta impossibilità di bagnarsi in mare! Siamo partiti da Londra, semplicemente perché il viaggio è molto più conveniente. Il Goa è meta prediletta di inglesi (e russi), per cui è facile trovare occasioni vantaggiose dal Regno Unito. A febbraio il clima è caldo e abbastanza secco. Non c’è molta escursione termica e anche di notte la temperatura è piacevole.
Il Goa è diviso in due distretti, Nord e Sud e proprio a sud ci siamo diretti, perché qui si trovano le spiagge più belle e tranquille. Sentirete spesso ripetere, anche dai locali, che in questo stato non c’è la povertà dilagante di altre zone dell’India. Sicuramente è vero. Paragonando ciò che ho visto con la mia esperienza in Kenya ho notato che qui le case in muratura sono molto più numerose. I pali della corrente elettrica sono abbastanza capillari. L’acqua corrente non arriva in tutte le abitazioni, ma ho visto molti rubinetti pubblici e pochissimi pozzi. Rimane il solito problema della raccolta dei rifiuti, praticamente assente, per cui i bordi delle strade sono spesso usati come piccole discariche.
Il Goa ha la grande fortuna di essere una meta turistica famosa, frequentata assiduamente da inglesi e russi. Di italiani qui ne capitano davvero pochi. Qualcuno si dirige a Nord, ma dove eravamo noi era davvero impossibile trovarne e tutti si stupivano che fossimo lì.
Se le condizioni generali sono migliori, è però vero che nel Goa si riversano migliaia di Indiani provenienti dagli stati confinanti. Arrivano con l’inizio della stagione turistica, per tentare di vendere i loro manufatti o semplicemente per elemosinare qualche rupia.
Vivono in capanne o semplicemente sotto qualche bastone ricoperto da teli di fortuna.
Non sono andati a scuola, quindi non parlano nemmeno inglese. Già, l’inglese… i primi giorni ero assolutamente in difficoltà a capire il modo indiano di interpretare questa lingua. Poi ci si abitua (poco). Comunque anche per gli Indiani, è una lingua imparata sui banchi di scuola ed è studiata solo come terza opzione, dopo la lingua locale e l’hindi. In conclusione, capirsi non è proprio facile.
Meta del nostro soggiorno è stata Mobor Beach, a Cavelossim. Qui il mare Arabico si infrange su spiagge bianchissime e lunghe. Vicino al nostro hotel sfocia il fiume Sal, uno dei principali dello stato. Risalirlo in barca è stata una bella avventura. In prossimità dell’estuario si svolge l’attività dei pescatori: i più fortunati hanno un piccolo peschereccio, ma tanti si arrangiano con barchette simili a gusci di noce. Il fiume è habitat di numerose specie di uccelli variopinti, una vera gioia per gli amanti del bird-watching. Lungo le sue rive si notano i soliti contrasti dei paesi del terzo mondo: ville degne di Miami affiancano misere baracche. Vi sono poi numerose costruzioni coloniali, adesso usate dai locali come abitazioni, ma in stato davvero pessimo, perché i soldi per la manutenzione non ci sono.
Il Goa non è solo mare e relax. E’ possibile addentrarsi nella jungla alla scoperta della fauna o per ammirare bellezze naturali. Per esempio, è assolutamente da non perdere l’escursione alle cascate di Dudhsagar, le più alte dello stato (200 metri). E’ possibile persino nuotare nel punto più basso. L’acqua è freschissima e tonificante. Un cartello riporta i nomi di tutti coloro che sono affogati qui dal 2003 in poi… sono indiani, che spesso cercano di imitare i turisti e si gettano in queste acque profonde, che richiedono un minimo di capacità natatorie. Le scimmiette faranno di tutto per rubare il cibo, soprattutto banane e pomodori. Numerosi avvisi vietano di nutrirle, perché poi gli animaletti si abituano a ricevere cibo dall’uomo e sono incapaci di provvedere a loro stessi nei periodi in cui i turisti non ci sono.
Il Goa è anche rinomato per la cucina, soprattutto a base di pesce. E’ possibile mangiare di tutto: granchi enormi, aragoste, gamberi giganti (a prezzi davvero convenienti). Buonissimo è il pomfret, un pesce che evidentemente si trova solo in questo mare. Esistono anche vari tipi di vini locali, oppure vi è l’immancabile birra Kinghfisher.
E’ stata una vacanza piacevole ed interessante. Il Goa è ideale per chi vuole avvicinarsi all’India in maniera graduale (per noi era obbligatorio, visto che Letizia ha solo 7 anni). Si può scegliere tranquillamente quanto e come immergersi nel paese. Non è vero che qui l’India non c’è. E’ subito fuori dai resort e basta poco per comprenderlo. Qui c’è un grande equilibrio: i piccoli paesi hanno un solo luogo di culto che è al tempo stesso moschea, tempio indù e chiesa cattolica. Il Goa ha molto da insegnarci in materia di pacifica convivenza e rispetto. Non sarà la vera India, ma sicuramente ne è un felice aspetto.
1 commento
Bellissimo racconto…dovrei partire a fine agosto…a mi hai ammutolito..lo sconsigli proprio?